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LA CAPPELLA SISTINA

cappella sistinaMichelangelo lavoro’ alla volta della Sistina tra il 1508 ed il 1512. Invano riluttante agli imperiosi voleri di Papa Giulio secondo, Michelangelo il 10 Maggio del 1508 inizia il titanico lavoro della volta della Sistina. La sua riluttanza era dovuta al fatto che egli si considerava uno scultore piu’ che un pittore ed in secondo luogo perche’ era contrario a rinviare una precedente commissione ricevuta dallo stesso Giulio secondo, la costruzione della tomba del Papa nella Basilica di S. Pietro. Michelangelo aveva quasi trentatre’ anni quando inizio’. Quando ebbe terminato, aveva creato uno dei maggiori capolavori di tutti i tempi, un’ impresa che lascia senza fiato. “ Non c’è nessuna altra opera paragonabile a questa per eccellenza, ne’ potrebbe esserci “, affermo’ un contemporaneo di Michelangelo, Giorgio Vasari. Attraverso gli scritti dei suoi biografi e le lettere che egli scrive ai suoi familiari, si puo’ avere una idea della vastita’ del compito che egli aveva assunto e della fatica che occorreva per realizzarlo, perche’ anche se Michelagelo fu assistito nella preparazione materiale dell’ opera da una serie di aiuti, a lui soltanto spetta, oltre la concezione dell’ insieme, la fattura di ogni singola parte. Fu una fatica inproba se si pensa che il lavoro ad affresco non ammette soste ne’ correzioni, dato che il colore deve essere steso sull’ intonaco appena gettato appena gettato sulla parete pezzo per pezzo senza che ci sia discontinuita’ fra gli spazi successivamente stesi ; fatica che doveva trasformarsi in un vero e proprio supplizio quando il maestro era costretto a lavorare disteso, nelle piu’ disagiate posizioni, con la testa rivolta all’ insu’, al fioco lume di una lucerna che teneva fissata sulla fronte, mentre sul volto gli gocciolavano i colori. Nel primo pernsiero di Michelangelo la volta della Sistina avrebbe dovuto avere una decorazione piu’ semplice di quella che fu poi da lui realizzata, ma a detta dello stesso artista si impose a tanta vastita’ di spazio la necessita’ di portarla alla decorazione attuale tanto piu’ libera e personale, che non trova precedenti in nessuna di quelle anteriori quattrocentesche. Il visitatore che oggi contempla la volta della Sistina stenta, a prima vista, ad afferrare le molteplici bellezze che essa comprende, perche’ rimane come soffocato dalla sua ossatura architettonica fatta di lunette, di triangoli, di riquadri, di pilastri, e cariatidi come agganciati tra loro a formare una indissolubile armatura. In un secondo tempo soltanto si riesce a percepire la strettissima unita’ dell’ architettura con il mondo figurato che la popola e a rendersi conto che l’ una e’ l’ altro concorrono ad un grandioso effetto plastico d’ insieme. Iniziando ad esaminare la volta, vediamo la serie di sette Profeti e cinque Sibille di proporzioni colossali che incorniciano la volta nelle loro nicchie disposte lungo i quattro lati. Al centro si sviluppano nove quadri con scene tratte dai capitoli iniziali della Genesi e nei medaglioni ai lati dei riquadri piu’ piccoli sono raffigurate scene desunte dai libri storici dell’ Antico Testamento. Nei pennacchi ai quattro angoli sono dipinti episodi storici come Davide che uccide Golia, mentre nelle lunette lungo le pareti, sopra le finestre e nelle vele che lo sovrastano, campeggiano figure dell’ Antico Testamento rappresentanti Antenati di Cristo. Mose’ è assente perche’ la sua storia era gia’ stata narrata interamente negli affreschi sottostanti, dipinti per Sisto quarto. Alcuni osservatori hanno notato l’ inadeguatezza della descrizione : perche’ furono scelti proprio questi Profeti e queste Sibille ? Perche’ sono qui raffigurate con tanta enfasi essendo sacerdotesse pagane e non compaiono mai nell’ antico testamento ? Perche’ queste scese della Genesi ? Gli storici della volta hanno escluso che possa trattarsi di una scelta causale perche’ questa ipotesi non corrisponde a cio’ che sappiamo di Michelangelo, ne’ a cio’ che conosciamo della cultura rinascimentale, altamente sofisticata, che la espresse. Il problema è estremamente complesso e quale visione sottintende ? Sappiamo che Papa Giulio secondo dapprima diede a Michelangelo la commissione di dipingere i dodici Apostoli nella posizione ora occupata dai Profeti e dalle Sibille, mentre la restante superficie doveva essere ricoperta semplicemente con motivi decorativi, ma presto Michelangelo convinse il Papa che la primitiva commissione sarebbe risultata “ cosa povera “ ed il Papa gli diede piena liberta’ di fare cio’ che voleva.

La Sistina è un ambiente rettangolare di m 40.5 per 13.2 alto 20.7, illuminato da sei grandi finestre centinate su ciascuno dei lati lunghi e coperto da volta a botte ribassata. Gli affreschi che ricoprono quasi interamente le pareti e la volta, ne fanno uno dei massimi documenti dell’ arte pittorica. Essi sono stati eseguiti dal 1481 al 1541. Gli affreschi alle pareti laterali e di fronte all’ altare furono eseguiti sotto Sisto quarto da diversi autori quali il Perugino e il Pinturicchio ( Mose’ con la moglie Sfora in Egitto ), il Botticelli ( Le figlie di Jetro ), Luca Signorelli ( Morte di Mose’ ), Domenico Ghirlandaio ( vocazione di Pietro e Andrea ). La volta fu realizzata da Michelangelo che penso’ ad una grande composizione affrescata che abbracciasse tutta la superficie e che non risultasse limitata ai quadri incorniciati dalle architetture dipinte, ma fosse popolata da figure di ogni grandezza. Ne risulto’ un’ inedita fusione di elementi architettonici, plastici e pittorici, retta da uno straordinario equilibrio di accordi cromatici. Negli spazi rettangolari, fra gli archi, vi sono 9 quadri raffiguranti le fasi della Genesi fra cui la creazione del primo uomo. L’ intera parete di fondo è coperta dal Giudizio Universale, affresco celebrato e universalmente riconosciuto dipinto da Michelangelo tra il 1536 ed il 1541 e restaurato tra il 1990 ed il 1994. Tutta la grandiosa scena rappresentata è in movimento, ma la moltitudine di figure segue un rigoroso ordinamento compositivo che ne rende chiaro il significato espresso sovvertendo l’ iconografia tradizionale del tema. In alto al centro domina il Cristo supremo giudice ed a lui si accosta la figura di Maria Vergine, metre, tutto intorno, si affollano le figure di santi e di angeli che compongono il Paradiso. In basso i dannati vengono precipitati in basso dove li attendono Caronte, con la sua barca e Minosse.

Il Giudizio Universale

Nel 1534, interrompendo le opere Laurenziane, Michelangelo lascia Firenze, dove non tornera’ mai piu’ e si reca a Roma per dipingere il Giudizio Universale. Morto nel Settembre di quell’ anno papa Clemente ottavo che lo aveva perdonato per la sua attiva adesione all’ antimedicea Repubblica di Firenze, gli succede papa Paolo terzo riconferendo all’ artista l’ incarico dato da papa Clemente di dipingere l’ affresco del giudizio sulla parete di fondo della Cappella Sistina che era divenuta teatro delle piu’ solenni celebrazioni liturgiche dei pontefici, affresco rappresentante l’ atto finale della storia dell’ umanita’. Intorno al 1536 il pittore inizia a tradurre i cartoni sul muro e dopo quattro – cinque anni di lavoro pressoche’ solitario nel 1541 la grande parete era visibile al pubblico. Il principio delle vicende che condussero all’ esecuzione dell’ opera risale tuttavia molto piu’ addietro, probabilmente nell’ estate del 1533, quando papa Clemente incontro’ l’ artista durante una sosta del suo viaggio verso Nizza e pote’ comunicare i suoi propositi ricevendo una reazione molto meno entusiasta all’ offerta di quanto il pontefice si aspettasse. Sappiamo che tra l’ Ottobre 1533 ed il Maggio 1534 Michelangelo soggiorno’ a Roma e durante quei mesi furono discussi e definiti gli accordi con il pontefice. I lavori non ebbero pero’ ancora inizio perche’ papa Clemente nel Settembre del 1534 mori’ ed il Buonarroti penso’ che con la sua scomparsa seguisse l’ abbandono del progetto. Appena eletto Paolo terzo Farnese il programma del suo predecessore riprese con impeto ancora maggiore e Michelengelo, controvoglia, riprese gli studi e i lavori preparatori per l’ affresco confortato non solo dalla ferma volonta’ di Papa Paolo terzo di dare corso al programma del suo predecessore, dal suo desiderio di potersi avvalere finalmente dell’ opera dell’ artista ma, soprattutto dal trovarsi in una condizione di molta maggiore autonomia che con Clemente settimo e quindi, in grado di compiere con grande liberta’ scelte di non secondaria importanza come su quelle della strutturazione dell’ immagine. I lavori di sistemazione della parete furono, tuttavia, avviati solo nell’ Aprile 1535 e si protrassero molto a lungo, sia per la necessita’ di murare le due finestre che vi si aprivano, sia perche’ si dovette, per desiderio dell’ artista, scalpellare il muro per una profondita’ crescente dall’ alto verso il basso, in modo da ottenere una superficie inclinata che venne, quindi, rivestita con “mattoni ben murati e ben cotti “ che la rendesse il piu’ possibile uniforme e regolare. Una volta compiuti tali lavori, scoppio’ il dissidio tra Michelangelo e Sebastiano del Piombo circa la tecnica da adottare e sull’ acquisto della necessaria qualita’ di azzurro oltremarino di gradimento dell’ artista. La tavolozza di Michelangelo non è molto ricca di pigmanti, tuttavia la tessitura cromatica è notevolmente variabile, con colori puri e altri abilmente mescolati con bellissimi effetti cangianti.

I pigmenti rivelati dalle analisi chimiche, effettuate su pochi milligrammi di sostanza con la SPETTROFOTOMETRIA DI ASSORBIMENTO sono: per i bianchi ( calcio, idrato carbonato ) per i bruni ( ossido di ferro + biossido di manganese + silicati argillosi ) per i gialli ( ossido di ferro idrato ) per i verdi ( silicati ferrosi ) per le ocre gialle di varie tonalita’ ( silicati argillosi piu’ o meno ricchi di ossidi di ferro idrati ). I timori per l’ immensita’ della superficie da dipingere scompaiono. Michelangelo non ha piu’ bisogno, come nella volta, di suddividerla in settori architettonici, salvo per una striscia di terreno arido in basso, le quasi quattrocento figure campeggiano contro il cielo libero. Ancora piu’ che altrove la pittura si incentra attorno al nucleo centrale del Cristo giudice e del collegio degli Apostoli di motivi autonomi individuali : la resurrezione dei morti, la presentazione degli strumenti della Passione, il Paradiso, l’ Inferno. La figura del Cristo, cui si rivolge la Vergine con gesto di accusa-implorazione, appare ancora terribile e dominatrice, ma l’ ascesa dei beati, sulla sinistra, si trasforma in un groviglio di figure che sembrano lottare con non minore violenza e accanimento dei dannati che, nella zona inferiore a destra, vengono ricacciati verso l’ abisso. La vergine appare dolcemente raccolta accanto al figlio all’ interno dell’ alone luminoso e al centro della corona dei santi. Ella è “ advocata nostra “ secondo la definizione cattolica, nostra padrona ed intermediaria. Intorno al Cristo e alla Vergine si accalcano, in gruppi compatti dei santi che fanno loro corona e dalla contraddizione determinata dalla presenza di figure che ascendono come spinte da forze che trascendono la loro volonta’ e la loro stessa consapevolezza. Ai piedi del Cristo c’è San Bartolomeo che tiene nella mano destra una pelle umana. Si crede di potere identificare nel santo le fattezze di Pietro Aretino e nel volto della pelle un autoritratto di Michelangelo, quasi per indicare che lo scrittore avrebbe voluto la pelle dell’ artista. Al centro della intera composizione il compesso gruppo degli angeli è circondato, come il Cristo piu’ in alto, da una zona di vuoto ed esercita una notevole forza di attrazione ottica ; le diverse figure sono rivolte, con le lunghe tube, verso il, basso e verso i lati della scena, quasi a raccogliere intorno a se’ la gran massa dei corpi risorgenti, invitando gli eletti ad ascendere verso il cielo e respingendo i dannati verso le profondita’ degli inferi. Il gruppo sembra cosi’ confermare il gesto possente del Cristo che costituisce il perno della composizione. Al di sotto di San Bartolomeo e appena accanto al gruppo degli angeli con le trombe ecco la rappresentazione di un dannato trascinato agli inferi da un demonio che si avvinghia intorno al suo corpo e lo tiene stretto in una morsa mortale. Il dannato si copre il volto con la mano, lasciando scoperto un occhio, con il quale sta osservando angosciosamente cio’ che accade : eroico anche nel male prende coscienza della propria sorte. E’ l’ epoca della riforma luterana ; gli inquietanti interrogativi del monaco tedesco non sono domande superficiali, quando la chiesa romana, sotto Leone decimo, era giunta a vedere l’ indulgenza e, quindi, la salvazione a chi avesse offerto denaro per la costruzione della Basilica di San Pietro, mercanteggiando la grazia divina. Ed è l’ epoca che precede di poco il Concilio di Trento e la Controriforma con la quale la chiesa risponde alla Riforma riaffermando la propria superiorita’ ed infallibilita’. Nel processo di elaborazione delle immagini non possono non avere avuto parte determinante, anche a livello inconscio, scelte formali ed espressive, sia la particolare situazione spirituale del Buonarroti, siala sua reazione personale ed il suo turbamento di fronte a una delle piu’ gravi crisi del papato e dell’ intera cristianita’ che finivano per coinvolgere gli ideali a cui si erano alimentate l’ arte e la cultura del Rinascimento. E’ certo che l’ artista visse in modo drammatico le contraddizioni, le incertezze e le lacerazioni spirituali del suo tempo, con un senso cupo ed oppressivo della colpa, con crescente consapevolezza della vanita’ delle cose terrene, a cominciare dall’ arte e della fragilita’ della natura umana di fronte alle insidie del peccato. E’ verosimile pensare che egli fu personalmente dilaniato dalla mancanza di certezza ed emotivamente oscillante tra l’ abisso della ossessione del peccato ed il rapimento di accese invocazioni di salvezza. Prima ancora che l’ affresco venisse scoperto cominciarono a manifestarsi i contrasti tra i perplessi e gli entusiasti , non per il valore artistico, quanto piuttosto per i nudi che apparvero scandalosi sopra l’ altare del papa nella Cappella Sistina. L’ accusa divenne efficace quando nel 1545 la fece sua Pietro Aretino, scrittore irreligioso, blasfemo, ma di indubbia importanza. Da parte dell’ Aretino si trattava di una vendetta, non essendo mai riuscito, a lui critico d’ arte temuto, di ottenere gratuitamente da Michelangelo neppure un disegno. La chiesa romana tento’ di difendersi dalle accuse di paganesimo, am gli attacchi degli avversari di Michelangelo avevano colpito nel segno. Un mese prima della morte del grande artista, la Congregazione del Concilio, incarica di mettere sulle nudita’ dei panni un mediocre scrittore, Daniele da Volterra, da allora soprannominato “ il Braghettone “. Egli incaricato dell’ orazione di “ censura “ agi’ con la massima discrezione possibile, come sincero e fervente ammiratore del Buonarroti e si limito’ a rivestire di panneggi alcune figure nude ma non pote’ evitare di rifare integralmente quelle di Santa Caterina e di San Biagio, oggetto delle critiche piu’ roventi. Sebbene deturpato da queste aggiunte, l’ affresco resto’ e resta una delle opere piu’ monumentali dell’ arte italiana. Da qualche anno riportato al suo antico splendore dal mirabile restauro durato alcuni anni, la grandiosa opera racconta ildramma dell’ umanita’, quel dramma che è iniziato con la creazione sulla volta della Sistina, si conclude su questa parete in quel giorno fatale, quando, finita la vita terrena, recuperato il proprio corpo, l’uomo si presenta davanti al suo creatore per essere giudicato.

 



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